Il licenziamento è l’atto con cui viene meno il rapporto di lavoro tra dipendente e datore.
In generale al dipendente licenziato spetta di diritto una retribuzione che in senso tecnico viene definita buonuscita per il licenziamento (il c.d.TFR).
Il TFR spetta a determinate categorie di lavoratori ovvero:
A questa buonuscita si aggiungono la tredicesima e la quattordicesima se previste, l’indennità sostitutiva del preavviso se questo non è stato dato o se rispettato in modo parziale e la liquidazione di eventuali permessi e ferie non goduti più l’indennità di disoccupazione (Naspi), che spetta per un massimo di 2 anni.
In senso atecnico invece c’è un ulteriore buonuscita che si aggiunge al TFR ed è la buonuscita per il licenziamento, una retribuzione che viene concessa dal datore per evitare contenziosi con il lavoratore relativi alla natura del rapporto di lavoro (eventualmente in nero), allo svolgimento dello stesso (ad esempio per differenze retributive), oppure alla modalità con cui è stato interrotto il rapporto di lavoro.
La buonuscita di licenziamento, intesa come TFR dei privati, non viene però liquidato al momento della cessazione del contratto ma secondo le normative previste dalla contrattazione collettiva applicata alla categoria di appartenenza del lavoratore.
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L’indennità di licenziamento varia a seconda delle dimensioni delle imprese. Per aziende con meno di 15 dipendenti in cui è stato accertato un licenziamento illegittimo può arrivare fino ad un massimo di 6 mensilità.
Se invece si tratta di licenziamenti discriminatori, nulli o in forma orale, il dipendente ha diritto, come per le aziende più grandi, al reintegro nel posto di lavoro, ma può optare per l’indennità sostitutiva pari a 15 mensilità.
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