Il licenziamento collettivo è quello che coinvolge contestualmente almeno 5 dipendenti nell’arco di 120 giorni. In questo caso la legge prevede dei requisiti più rigidi, oltre che una procedura specifica e alcuni strumenti di tutela nei confronti dei lavoratori.
La procedura del licenziamento collettivo inizia con una fase sindacale in cui il datore avvia le trattative per trovare un accordo o soluzioni alternative al licenziamento, inviando una comunicazione scritta alle RSA o RSU con la comunicazione dell’intenzione di effettuare il licenziamento. La comunicazione dovrà essere inviata anche alle competenti strutture provinciali delegate dalla Regione.
Se in nessuno dei due casi si raggiunge un accordo, la procedura si conclude con il licenziamento dei lavoratori in esubero.
L’accordo sul licenziamento collettivo deve essere approvato dalla maggioranza dei lavoratori, o mediante un voto diretto o tenendo conto della rappresentanza sindacale cui essi aderiscono: esso è valido a prescindere dal consenso unanime e coinvolge tutti i lavoratori, siano essi iscritti o meno all’associazione sindacale o abbiano o meno aderito all’accordo.
Tuttavia, il singolo lavoratore può eventualmente impugnare l’accordo ove ritenga che quest’ultimo abbia violato i principi di correttezza o l’obbligo di non discriminazione.
In questo caso, il c.d. licenziamento collettivo anzianità di servizio rappresenta uno dei criteri che il datore deve dimostrare di aver rispettato nella scelta dei dipendenti da licenziare.
Il licenziamento collettivo, altresì detto “messa in mobilità” dei lavoratori è disciplinato da una normativa che si esprime anche in merito all’argomento “licenziamento collettivo criteri di scelta punteggio”.
Il datore di lavoro deve infatti attenersi a criteri specifici nella scelta dei dipendenti da licenziare; criteri che si diversificano a seconda che sussista o meno un accordo con i sindacati.
In caso di accordo, sarà questo a prevedere i criteri di individuazione dei lavoratori da licenziare, le modalità e la procedura di licenziamento e le prestazioni accessorie di carattere previdenziale da assicurare.
In questo caso i criteri da applicare sono astratti, relativi quindi al possesso di determinati requisiti professionali o contributivi.
In caso di mancato accordo, si applicano i criteri del carico di famiglia; anzianità ed esigenze tecnico-produttive e organizzative.
In caso di licenziamento collettivo ritenuto illegittimo dal Giudice in violazione della Legge 223/1991, ai dipendenti spetta un’indennità che va da un minimo di 4 ad un massimo di 24 mensilità.
Per i licenziamenti collettivi non comunicati in forma scritta è previsto il reintegro nel posto di lavoro.
In caso di licenziamento collettivo in aziende con meno di 15 dipendenti, il datore di lavoro non è tenuto ad aderire alla procedura per i licenziamenti collettivi; si applica quindi la normativa dei licenziamenti individuali per giustificato motivo oggettivo.
Normalmente in caso di licenziamento illegittimo, dovuto a motivi dipendenti da problemi aziendali, il datore deve pagare all’ex dipendente un risarcimento pari a una busta paga per ogni anno di servizio in azienda e non è prevista riassunzione.
Dopo l’individuazione dei lavoratori da licenziare, il licenziamento deve essere comunicato in forma scritta ed in maniera individuale ai dipendenti.
La comunicazione a pena di illegittimità deve contenere: il periodo di preavviso osservato; i motivi del recesso ed i criteri di scelta adottati per l’individuazione del lavoratore licenziato.
L’intera procedura di licenziamento termina ufficialmente con l’invio delle comunicazioni previste dalla legge alle autorità competenti e all’INPS, entro 7 giorni dalla comunicazione del recesso.
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