La conclusione del rapporto di lavoro (licenziamento) può avvenire per giusta causa o per giustificato motivo soggettivo (c.d. licenziamento disciplinare), oppure per giustificato motivo oggettivo quando il motivo non è connesso a comportamenti del dipendente, ma ad esigenze aziendali.
Il licenziamento per giustificato motivo oggettivo si verifica quando le motivazioni che lo hanno generato non attengono ad una violazione o inadempienza da parte del lavoratore, ma sono collegate a ragioni inerenti l’attività produttiva, l’organizzazione del lavoro e il regolare funzionamento degli stessi.
Rientrano tra le cause di licenziamento per motivo oggettivo le seguenti circostanze: la crisi di impresa; la cessazione dell’attività; il venir meno delle mansioni a cui era adibito il dipendente, senza possibilità di ricollocazione in altre mansioni; il superamento del periodo di comporto; l’intervenuta inidoneità fisica o psichica del lavoratore.
Per i dipendenti a cui non si applica l’art. 18 dello Statuto dei lavoratori, per dimensioni d’azienda o perché assunti dal 7.3.2015 in poi e quindi soggetti al nuovo contratto a tutele crescenti, il licenziamento per giustificato motivo oggettivo deve essere comunicato per iscritto, specificando i motivi che lo hanno generato, concedendo al dipendente stesso il preavviso stabilito per legge, pena la concessione di un’indennità sostitutiva del preavviso.
Ancor prima di procedere al licenziamento, dato che le motivazioni non sono imputabili al lavoratore, il datore è obbligato a valutare la possibilità di ripescaggio e ricollocazione in diversa mansione.
La mancata verifica di questa possibilità comporta l’obbligo di pagare un’indennità per il giustificato motivo oggettivo.
Quando avviene un licenziamento individuale per giustificato motivo oggettivo in un’impresa con meno di 15 dipendenti, il datore di lavoro deve inviare una lettera di licenziamento contenente le motivazioni oggettive del licenziamento e il periodo di preavviso.
Il lavoratore può accettare passivamente il licenziamento, oppure impugnarlo.
In caso di licenziamento per motivo oggettivo in aziende con almeno 16 dipendenti, si applica la procedura prima descritta.
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Tra le ipotesi legittime di licenziamento per giustificato motivo oggettivo rientra il licenziamento per chiusura dell’attività, salvo il caso in cui l’impresa non abbia rispettato l’obbligo di comunicazione di cui al comma 9 dell’art.4 L. n.223/199. In questo caso il lavoratore può validamente contestare la legittimità del licenziamento.
La Corte di Cassazione con la sentenza n. 11404/2017, ha definito perentoria la comunicazione dell’elenco dei dipendenti licenziati da inviare entro i sette giorni successivi al licenziamento collettivo alle organizzazioni sindacali, alla Commissione regionale tripartita e all’Ufficio della Regione.
La contestazione del licenziamento per cessazione di attività deve essere effettuata a mezzo di lettera scritta entro 60 giorni dal ricevimento della comunicazione del provvedimento.
Nei 180 giorni successivi dovrà essere depositato in Tribunale il ricorso, con la necessaria assistenza di un avvocato. Detto ricorso deve contenere le ragioni per cui non si ritiene valida la motivazione fornita dal datore di lavoro.
Quest’ultimo dovrà quindi dimostrare in modo rigoroso e preciso la veridicità e la fondatezza delle ragioni del licenziamento riportate nella lettera.
Il licenziamento per causa oggettiva, illegittimo fino al 2012, veniva sanzionato con la reintegra obbligatoria del dipendente aggiunta ad un’indennità risarcitoria per il danno retributivo e al versamento dei contributi dal momento del licenziamento alla reintegra.
Per i contratti stipulati dopo il 7.3.2015, la rintegra per le aziende con più di 15 dipendenti è stata definita obbligatoria in soli 3 casi:
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