Quando il licenziamento avviene in mancanza di giusta causa, di giustificato motivo soggettivo o oggettivo si parla di licenziamento illegittimo.
In questo caso la legge prevede delle tutele per il lavoratore.
Il licenziamento é illegittimo quando vengono a mancare i presupposti previsti dalla legge. Sono considerati legittimi solo il licenziamento per giusta causa, per giustificato motivo oggettivo e per giustificato motivo soggettivo.
Ad esempio sono illegittimi il licenziamento discriminatorio; il licenziamento disciplinare quando l’illecito è inesistente o non grave; il licenziamento in presenza di un riassetto solo fittizio dell’azienda.
Il licenziamento è illegittimo anche quando il datore non verifica la possibilità di repechage o lo intima in forma orale o per causa di matrimonio.
Per i contratti di lavoro stipulati dopo il 7 marzo 2015 è stata eliminata la distinzione fra aziende di piccole dimensioni e aziende con più di 15 dipendenti e, generalmente, in caso di licenziamento illegittimo il datore di lavoro è tenuto a corrispondere al lavoratore, assunto a tempo indeterminato con qualifica non dirigenziale, un indennizzo predeterminato pari agli anni di anzianità di servizio.
Se il giudice ad esempio accerta che il fatto contestato non è tanto grave da giustificare la perdita del posto di lavoro l’azienda viene condannata al pagamento di un’indennità pari a 2 mensilità dall’ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del TFR per ogni anno di servizio.
Se invece l’accertamento da parte del Giudice prova l’inesistenza del fatto in questione, il datore viene condannato alla reintegra del dipendente, al pagamento di un’indennità risarcitoria basata sull’ultima retribuzione di riferimento per un importo che va dal giorno del licenziamento fino a quello dell’effettiva reintegrazione più il pagamento dei contributi previdenziali e assistenziali dal giorno del licenziamento fino a quello dell’effettiva reintegrazione.
In caso di licenziamento senza giusta causa in aziende con meno di 15 dipendenti se l’accertamento da parte del Giudice dell’insussistenza del fatto produttivo o organizzativo che lo ha generato è relativo ai lavoratori che rientrano nelle tutele crescenti, scatta la tutela obbligatoria piena, altrimenti si applica la tutela reale attenuata.
Le tipologie di licenziamento previste dalla legge sono il licenziamento per giusta causa, per giustificato motivo soggettivo e per giustificato motivo oggettivo.
I primi due casi sono definiti licenziamenti disciplinari perché prima di essere applicati prevendono l’apertura di un procedimento disciplinare.
Il licenziamento per giustificato motivo soggettivo, è relativo ad un “notevole inadempimento” del lavoratore agli obblighi contrattuali ed è preceduto dal preavviso; mentre quello per giusta causa, è il c.d. licenziamento in tronco senza preavviso, ovvero è la conseguenza di un comportamento del lavoratore talmente grave da non consentire, nemmeno in via temporanea, la prosecuzione del rapporto di lavoro.
L’ impugnazione del licenziamento deve essere comunicata al datore di lavoro entro un termine di decadenza, pari a 60 giorni dalla ricezione della lettera di comunicazione del licenziamento, con qualsiasi atto scritto, anche extragiudiziale, che renda nota la volontà del lavoratore.
L’impugnazione deve essere eseguita a pena di inefficacia entro il successivo termine di 180 giorni con deposito del ricorso nella cancelleria del Tribunale in funzione di giudice del lavoro o dalla comunicazione alla controparte della richiesta di tentativo di conciliazione o arbitrato.
Le forme di tutela previste per il lavoratore licenziato illegittimamente tengono conto della dimensione dell’azienda, della data di assunzione del lavoratore dipendente e del tipo di illegittimità commessa dal datore di lavoro. Per i lavoratori assunti prima del job act in aziende con più di 15 dipendenti é prevista la c.d. tutela reale, in caso di licenziamento illegittimo hanno diritto alla reintegra nel posto di lavoro.
I lavoratori assunti prima del job act in aziende con meno di 15 dipendenti, invece, possono godere di una tutela risarcitoria, salvo i casi più gravi di licenziamento discriminatorio, nullo o orale in cui é prevista la reintegra.
Le conseguenze del licenziamento discriminatorio, per ritorsione, per congedo per maternità o paternità, per causa di matrimonio o del licenziamento comminato oralmente sono identiche indipendentemente dalle dimensioni dell’azienda.
Il dipendente ha diritto alla reintegrazione nel posto di lavoro (o all’indennità sostitutiva della reintegrazione pari a 15 mensilità), al risarcimento del danno e al versamento dei contributi previdenziali e assistenziali dovuti. Per gli assunti dopo il 7.05.2015 il risarcimento non si calcola più tenendo conto della retribuzione globale di fatto dal giorno del licenziamento a quello della reintegra, bensì dell’ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del TFR.
Questo caso si verifica quando il datore di lavoro licenzia senza che sussistano i motivi disciplinari (giusta causa o giustificato motivo soggettivo) o legati all’organizzazione aziendale (giustificato motivo oggettivo).
Per gli assunti prima del 7.05.2015 il datore di lavoro può scegliere fra la riassunzione entro tre giorni (con la costituzione di un nuovo rapporto) o un’indennità risarcitoria di importo compreso fra un minimo di 2,5 mensilità e un massimo di 6, calcolata sull’ultima retribuzione globale di fatto.
Per i nuovi assunti non è prevista la reintegra, ma solo un’indennità pari ad una mensilità (due per le aziende con più di 15 dipendenti) dell’ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del TFR per ogni anno di servizio.
La reintegra è comunque prevista quando nel licenziamento disciplinare i fatti addebitati al dipendente non sussistono.
Per i vecchi assunti, come nel caso di licenziamento in assenza di motivi, il datore di lavoro può scegliere fra la riassunzione entro tre giorni (con la costituzione di un nuovo rapporto) o un’indennità risarcitoria di importo compreso fra un minimo di 2,5 mensilità e un massimo di 6, calcolata sull’ultima retribuzione globale di fatto.
Ai nuovi assunti spetta un’indennità non assoggettata a contribuzione previdenziale pari a mezza mensilità (una mensilità per le aziende con più di 15 dipendenti) dell’ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del TFR per ogni anno di servizio
Il contratto a tempo determinato prevede come forma di licenziamento solo quello relativo a motivi di carattere disciplinare quindi la giusta causa o motivazioni collegate all’azienda come un calo di commesse o cessazione del ramo d’azienda.
In caso di licenziamento ingiustificato il lavoratore non ha diritto alla reintegrazione nel posto di lavoro, ma solo al riconoscimento della retribuzione che avrebbe percepito fino alla scadenza del contratto.
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