Il licenziamento è l’atto con il quale il datore di lavoro recede in modo unilaterale dal contratto di lavoro con il suo dipendente.
Il licenziamento disciplinare è la massima sanzione applicabile al dipendente che comprende:
La differenza sta nella violazione commessa dal lavoratore dipendente.
Nel primo caso, l’inadempimento è talmente grave da giustificare l’interruzione in tronco del rapporto di lavoro senza alcun preavviso ne prosecuzione temporanea, nel secondo caso invece si è in presenza di un “notevole inadempimento” meno grave rispetto alla giusta causa, ma comunque tale da giustificarlo.
Ogni qual volta il datore intima il licenziamento a causa di inadempienze del lavoratore si è di fronte ad un licenziamento disciplinare a Brescia e provincia che deve necessariamente essere esperito con la procedura prevista dall’ art 7 della Legge 300/1970 Statuto dei Lavoratori, ovvero:
Il mancato esperimento di tale procedura, ovvero il licenziamento per giusta causa senza contestazione disciplinare rappresenta un vizio insanabile che comporta l’illegittimità del licenziamento intimato.
La normativa relativa alla contestazione disciplinare infatti è abbastanza complessa, per questo è fondamentale farsi assistere da un legale esperto in diritto del lavoro.
Durante l’esame della contestazione infatti bisogna valutare quali effettivamente sono le conseguenze di quell’illecito in ambito lavorativo e quali sanzioni sono applicabili e valutare se il datore di lavoro ha nei fatti rispettato la procedura per intimare il licenziamento disciplinare.
Entro 60 giorni dal ricevimento del licenziamento il dipendente può opporsi inviando una raccomandata o una pec al datore (impugnazione stragiudiziale) e nei successivi 180 giorni dalla spedizione di questa, deve depositare il ricorso in Tribunale.
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Il licenziamento disciplinare senza contestazione o inflitto senza il rispetto delle procedure sopra descritte è illegittimo in quanto comporta la violazione del diritto di difesa del lavoratore coinvolto.
In caso di licenziamento illegittimo di un lavoratore assunto a tempo indeterminato prima del 7 marzo 2015:
In un’impresa con 15 dipendenti il giudice annulla il licenziamento e condanna il datore di lavoro alla reintegrazione del dipendente entro tre giorni, o a versargli un risarcimento pari ad un minimo di 2,5 e un massimo di 6 mensilità.
Nel caso di un’impresa con più di 15 dipendenti invece se il fatto non sussiste o rientra fra le condotte punibili con una sanzione conservativa, il giudice applica la c.d. tutela reale attenuata (reintegrazione nel posto di lavoro e indennizzo commisurato alla retribuzione globale di fatto con il limite di 12 mensilità, più il versamento dei contributi previdenziali dal giorno del licenziamento a quello della reintegrazione); nelle altre ipotesi viene applicata la c.d. tutela obbligatoria standard (il datore è obbligato a pagare un’indennità risarcitoria fra 12 e 24 mensilità della retribuzione globale di fatto).
Nel caso del mancato rispetto della procedura prevista dall’art. 7 della legge 300/1970, il licenziamento è inefficace e si applica la cd. tutela obbligatoria ridotta, condannando il datore di lavoro al pagamento di un’indennità risarcitoria compresa fra 6 e 12 mensilità della retribuzione globale di fatto e parametrata in base alla gravità del vizio formale o procedurale commesso.
Il licenziamento per giusta causa è determinato da un comportamento grave del lavoratore, tale da non consentire, nemmeno in via temporanea la prosecuzione del rapporto di lavoro.
Un comportamento quindi doloso, in malafede, a danno dell’azienda o lesivo nei confronti del datore di lavoro.
Rientrano tra le cause del licenziamento disciplinare senza preavviso un furto, l’assenza ingiustificata per giorni, l’invio di un certificato medico falso, la ripetuta assenza alla visita fiscale, insubordinazione fisica ecc.
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